racconti cuckold L’istruttore di nuoto
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racconti cuckold Mi chiamo Luca, ho 32 anni e sono un istruttore di nuoto agonistico. Voglio raccontarvi la mia storia d’amore più intensa e allo stesso più breve della mia vita. Sono sposato da 3 anni ma la passione con mia moglie Gina è andata scemando negli ultimi tempi, tanto che oramai facciamo l’amore solo una o due volte a settimana. Gli impegni, la stanchezza, il lavoro fanno si che sia io sia lei quando ci ritroviamo assieme a letto il più delle volte crolliamo addormentati o siamo così stanchi che non ci viene in mente nemmeno di sfiorarci con un dito. Chi ha detto che la routine uccide la vita di coppia, aveva perfettamente ragione. Fatto sta che decisi di farmi un’amante, una ragazza che mi desse di nuovo la gioia di scoprire un corpo nuovo e le emozioni della conquista. Purtroppo sia sul posto di lavoro che nelle uscite con gli amici avevo scarsa fortuna: trovavo solo donne che non mi interessavano e quelle che mi intrigavano sufficientemente di spingermi a rischiare non mi davano minimamente corda o si opponevano con un secco rifiuto. Dopo alcuni mesi di ricerche infruttuose avevo ormai perso la speranza e un giorno mi alzai per andare a lavoro dopo una notte insonne, più stanco e abbattuto che mai. Quando arrivai in piscina, mi presentarono due allieve nuove che si erano iscritte la mattina presto, le guardai con disattenzione per poi rimanere di stucco: la prima era una moretta leggermente sovrappeso senza niente di speciale, ma la seconda… avete presente una dea greca? Occhi azzurrissimi come il ghiaccio, di un taglio seducente e misterioso, nasino all’insù e bocca carnosa e rossa come se avesse avuto il rossetto. Le gote erano leggermente arrossate e paffute, e il viso angelico era incorniciato da una cascata scomposta di capelli biondissimi e lunghi fino alla vita. Indossava un costume intero blu normale che le stava leggermente largo ai fianchi e strettissimo al petto, dove due tette prosperose tentavano di uscire fuori, spingendo i capezzoli contro il tessuto sottile, mostrando la loro forma ai miei occhi avidi. La carnagione di questo angelo era bianca come il latte, rendendo la sua esile figura come evanescente. Rimasi qualche secondo sbigottito con lei davanti con la mano tesa verso di me, poi la strinsi impacciato borbottando il mio nome e mi andai a cambiare. Scorsi febbrilmente il registro delle nuove arrivate e vidi che aveva diciotto anni! Diciotto! Io ne ho quarantaquattro dannazione! Eppure era lei la donna che poteva restituirmi la gioia di vivere ne ero sicuro! Passai la prima mezzora come se nulla fosse, impartendo ordini alle alunne che nuotavano nell’acqua tiepida sotto di me, mentre io camminavo avanti e indietro a bordo vasca facendo sentire il mio fischietto di tanto in tanto, incitandole quando serviva. Ma se da fuori sembravo normale, dentro di me ardevo dal desiderio, non staccavo gli occhi da quelle gambe bianche e fresche che fendevano l’acqua così agilmente, da quel culo che appariva e spariva sotto la superficie della piscina, purtroppo i suoi capelli stupendi erano nascosti da una grigia cuffia, obbligatoria nelle piscine. Passò ancora un ora, e poi le ragazze uscirono dall’acqua gocciolanti e stanche, e mi passarono di fianco per andare negli spogliatoi, una alla volta. Erano sette, e lei era l’ultima, sembrava stremata e incredibilmente affaticata, già, era il suo primo giorno, forse sono stato troppo duro. Quando mi passò affianco, sfiorò con il suo costume umido la mia preponderante erezione da sotto i pantaloni. Per una frazione di secondo mi sembrò che lei avesse capito, il suo sguardo si posò su di me per un tempo brevissimo ma sembrava dire: lo so che mi vuoi. La chiamai per cognome, dicendole se poteva venire nel mio ufficio un attimo prima di cambiarsi, era importante. Lei si girò, fece dietro front senza dire niente e mi seguì, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Mi ero sbagliato? Cosa avrei fatto una volta arrivati nella mia angusta stanzetta? Mi accomodai alla scrivania, sulla scomoda sedia di plastica con davanti il monitor del computer spento, un posacenere pieno di mozziconi di sigari.
Lei era rimasta in piedi, scalza, stava formando una piccola pozza d’acqua intorno ai suoi piedi sul mio sporco parquet. Tutte le altre alunne e gli altri istruttori erano in pausa o in spogliatoio, c’era un silenzio quasi spettrale. Dissi goffamente alla ragazza che per essere il suo primo giorno era stata molto brava, e che secondo me aveva stoffa e sarebbe diventata una grande campionessa. Non mi uscivano altro che banalità dalla bocca, e cominciai a balbettare ed arrossire. Lei ascoltava in silenzio, annuendo ogni tanto. Spostava il peso del corpo da una gamba all’altra, e quel semplice movimento mi faceva esplodere il cazzo nelle mutande. Non trovando più niente da dire, mi alzai in piedi per salutarla e congedarla, ma ero così nervoso che urtai la scrivania con la cinta dei pantaloni, che rimase impigliata sotto il tavolo con il risultato di farmi alzare in piedi in mutande. Mutande bianche semplici di stoffa, dal tessuto leggero, da cui si poteva vedere il mio grosso cazzo duro con la cappella gonfia. La ragazza aprì leggermente di più gli occhi, si morse il labbro inferiore rivelando dei dentini bianchi e perfetti, senza dire niente. Poi lentamente portò una manina al lembo inferiore del costume, al lato della coscia, lo prese e lo spostò di lato: ora avevo davanti la sua fica, completamente depilata, bianca e perfetta. racconti erotici sottomissione Per qualche secondo non fui in grado di capire effettivamente cosa stesse accadendo: la vista di quel fiore meraviglioso a meno di un metro da me mi fece andare fuori di testa. Appena tornato in me, scattai verso la ragazza, rischiando di inciampare per via dei pantaloni calati, e mi fiondai tra le sue gambe. Mi misi in ginocchio così rapidamente da cozzare le gambe a terra sul duro parquet e farmi male, ma non mi importava: stavo stringendo con le man le chiappe sode e giovani di quella meravigliosa creatura, mentre con la bocca baciavo la pelle bianca, mi intrufolavo nella sua fica con la lingua, leccavo il suo clitoride rosa. Lei rimaneva ferma, allargò solo un po’ le gambe, il suo sguardo sembrava perso nel vuoto, ogni tanto la sua manina si posava sulla mia testa e mi scompigliava i capelli. Stetti a leccare e baciare quella superficie deliziosa per almeno dieci minuti, poi realizzai che stavo per scoppiare, così mi sfilai le mutande facendo svettare fuori il mio grosso cazzo venoso e duro, con la cappella violacea gonfia come non mai. Lentamente portai la manina della ragazza sul mio bastone di carne, e lei prontamente iniziò a segarmi, con calma ma con una presa solida e sicura, scendendo in basso fino a scappellarmi completamente e poi tornando in alto fino quasi a coprirmi la cappella con la pelle. Intanto con l’altra mano mi accarezzava le palle, racconti sculacciate muovendomi i coglioni tra le dita e facendomi impazzire. Allora avvicinai la mia faccia al suo visino, pesai che puzzavo di fumo e forse non mi ero messo il profumo, ma non resistei: la bacia con passione e foga, quasi con amore. Lei apriva e chiudeva la bocca, non era molto partecipe al mio bacio focoso, ma non si sottraeva e continuava a muovere le sue manine d’oro come piaceva a me. D’improvviso abbassai le spalline del costume facendo uscire le sue tettone bianche e sode, morbidissime con al centro un capezzolino rosa dall’aureola minuscola, duro ed eretto. Baciai e leccai quelle tette, strizzandole con le mie mani avide mentre lei mugolava sommessamente, fancedomi fare tutto quello che volevo con il suo corpicino perfetto. Le tolsi anche la cuffia, facendo fuoriuscire tutti i suoi capelli biondi e bagnati, che le inzupparono spalle e tette immediatamente. Ormai non resistevo più, dovevo assolutamente scoparmela! La feci chinare fino a poggiarsi con il petto e le mani sulla scrivania, scostando le inutili cianfrusaglie che avevo sopra. Le allargai le gambe, con le mani divaricai la sua fica umida schiudendo quello stretto canale, mentre le chiappe sode ballonzolavano sotto le mie dita. Mi presi in mano il cazzo durissimo come l’acciaio e puntai il buchino della ragazza, quando un fischietto echeggiò nell’aria. Porca troia! Guardai sconvolto l’orologio a muro: erano passati quasi venti minuti! La pausa durava circa un quarto d’ora, le ragazze del turno dopo erano probabilmente già arrivate, e con loro gli altri istruttori. Cazzarola! Mi tirai su i pantaloni in due secondi, mi rimisi apposto i capelli e guardai fuori dall’ufficio: le ragazze erano pronte ad immergersi in vasca e un collega, non vedendomi, aveva iniziato a fischiare per richiamare la mia attenzione. Lo vidi, era a circa cinque metri da me, di spalle alla porta dell’ufficio. Mi girai di scatto verso la ragazza che era rimasta esattamente come l’avevo lasciata: a pecora pronta a ricevere il mio cazzo. Sottovoce le dissi di ricomporsi e uscire rapidamente, ma lei si sedette sulla mia sedia e mise una mano sulla mia patta. Rimasi sbigottito mentre lei frugava nelle mie mutande e iniziava a segarmi da dentro i pantaloni. Dovevo farla smettere! Dovevo uscire, riprendere la lezione e mandarla via prima che qualcuno veda o sospetti qualcosa! Già, ma come facevo a dire a quella bellezza “fermati e vattene subito!” nessuno sarebbe riuscito a farlo. Lentamente mi ritirai giù i pantaloni e le mutande, buttando un occhio al mio collega, sempre di spalle a pochi metri da noi. Lei mi segava febbrilmente, da esperta troia, facendomi concentrare per non mugolare di piacere. Il mio cazzo era vicinissimo alla sua faccia, e stavo per venire. Rischio per rischio, mi dissi, devo farlo! Non mi ricapiterà mai un’occasione così, mai più nella vita. Così tolsi la dolce manina con una brusca mossa e continuai a segarmi da solo, poi mi avvicinai alla sua bocca e vidi che lei non capiva, facendomi arrapate ancora di più. Sborrai una quantità di liquido bianco e denso immane, una cascata di sperma si riversò su quel faccino angelico, chiudendole un occhio e impiastricciandole il naso, la bocca e le guance. Lei rimase ferma, come sempre, senza reazione alcuna, poi quando capì che avevo finito, si alzò di scatto, si pulì col mio accappatoio appeso li accanto e se ne andò, camminando insicura con le sue gambe. Io uscii dall’ufficio stremato, e il collega mi apostrofò malamente e mi diede fischietto e foglio delle nuove allieve. Continuai a lavorare fino alla fine del mio turno, alle sei di sera, facendo tutto meccanicamente come se fossi un automa, non pensando ad altro che a lei. Tornato a casa, presi mia moglie con sua sorpresa e me la scopai con foga, facendola godere sguaiatamente, immaginandomi lei al posto di mia moglie. Non l’ ho più rivista, non è più venuta a nuotare nella mia piscina, ma penso spesso a lei, soprattutto mentre scopo con la mia cara mogliettina.
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